Gennaio 2013
La neve scende copiosa in Appennino. Chiamo uno dei miei compagni di battaglia.
Con la prima luce siamo sul sentiero: un cielo rosa ed un bianco scenario.
Partendo da Osteria Nuova, prendiamo subito l’Eremo dei Toschi e, di gran passo, raggiungiamo Case monte di Londa.
Il tempo è incerto ma le gambe viaggiano bene.
Scendiamo alla piana dei Romiti ed il fosso dell’Acquacheta ci regala qualche brivido al guado.
Senza affanni risaliamo fino al Briganzone e ci affacciamo sugli ampi panorami delle Balze di Cornacchia.
Si, le gambe viaggiano proprio bene, siamo due bestiacce della peggior specie, andiamo ad espugnare il Lavane ed il Peschiena.
Ma c’è un ramo infido sotto la neve che attende proprio me: ecco, un morbido tonfo nella neve ed un interessante infortunio al ginocchio. Non siamo ancora a metà giro. Continuo ma sono costretto a non piegare la gamba destra e la salita che dalle Balze porta in cima al Lavane, non è certo l’ideale in questo stato.
Lo spettacolo bianco in cui siamo, ci distrae e sembra aiutarmi a non sentire il dolore.
Arriviamo in vetta e ci dirigiamo verso la Capanna del Partigiano per rifocillarci.
Una lunga cavalcata ci porta al Peschiena ed io muovo la zampa a compasso nella neve per non piegarla mentre avanzo. Non siamo stanchi ma non riesco a tenere certo un passo spedito poichè… le gambe non viaggiano proprio bene.
L’oscurità ci agguanta, il vento si alza ed in breve eccoci servita una bella bufera di crinale.
La visibilità è minima nonostante le frontali, i segni sono coperti ed è così che svoltiamo prima del dovuto, prendendo la strada che porta al Podere la Greta. Quando ci accorgiamo dell’errore? Quando raggiungiamo le temerarie persone che da anni vivono nelle fitte selve della valle dell’Acquacheta! Chiediamo consiglio al nostro anfitrione se ci convenga tornare al crinale, allo 00, oppure se ci convenga infilarci nell’Acquacheta fino ai Romiti e poi oltre.
Tentenna ed infine ci consiglia di tornare sui nostri passi per non affrontare la Via dei Romiti, sicuramente più breve ma anche sicuramente più pericolosa in queste condizioni limite.
Ci viene anche offerto un tetto per la notte ma noi, imperterriti, proseguiamo.
Torniamo sulle nostre impronte ed io sempre col mio bel passo a compasso ed il male al ginocchio.
Ricordo esattamente la domanda di Piro, il mio socio:
“Ce la fai Beppe?”
“Devo farcela, non posso certo fermarmi di notte nella bufera.”
Rieccoci sul crinale e riecco che l’artiglio della bufera di neve ci colpisce con più impeto: aghi sul viso!
Decidiamo di seguire le impronte lasciate dall’auto degli abitanti della Greta per arrivare alla strada del Muraglione dopo esserci consultati telefonicamente con il Bazzo, buon amico e collega.
Alle 21 siamo sulla strada statale 67, versante toscano. Esultiamo. Guardo la carta. Mancano “solo” 7 kilometri ad Osteria nuova.
Quanto bianco, quanto silenzio. Ad interrompere lo scenario postapocalittico, nei pressi del Muraglione, è lo spazzaneve che fa su e giù per il versante romagnolo.
Speriamo persino in un passaggio, ma otteniamo solo una sventagliata di neve sulle ghette… ed anche un po’ più in su!
Sono da poco passate le 23, ecco l’auto di Piro e, meraviglia, lo spazzaneve ci ha aperto un varco per uscire dal parcheggio dove si è accumulata la neve!
Non ho mai indagato su quel male al ginocchio ma ricordo che, una volta a casa, per scendere dalla macchina, ho dovuto prendere la gamba con le mani e stenderla.
Quel giorno, quelle sedici ore nella neve, resteranno sempre nella nostra mente.
Cosa importante! Siamo, anzi, sono stato incosciente. I soccorsi non servivano però, dopo l’infortunio, dovevamo rientrare lungo la via meno faticosa e abbandonare il giro.